La birba, Venezia, Zatta, 1794

 PARTE SECONDA
 
 SCENA PRIMA
 
 CECCHINA da orbetta
 
 Cecchina
 
    Via con l’orbetta
 sié generosi,
 mostreve pietosi,
265no me abbandoné.
 
    Chi me dà un soldo?
 Chi me dà un bezzo?
 Qualcosa butté.
 
 Oh poveretta mi, xe più d’un’ora
270che stago a chiappar freddo
 e il primo soldo non ho visto ancora.
 M’affatico a parlar in veneziano,
 che un tal mestier non fa perfettamente
 chi la favella ed il vestir non mente.
275L’arte di cavamacchie
 m’è andato male assai!
 Onde questo imparai
 nuovo mestier da certa vecchiarella
 che con simil finzion vive ancor ella.
280Infatti mi contento. In pochi giorni
 m’avanzai tal dinaro
 che alle miserie mie può far riparo.
 Oh se mi capitasse
 un qualche buon partito,
285vorrei pigliar marito e benché fosse
 molto inferiore alli natali miei
 senza riguardo alcun lo piglierei.
 
 SCENA II
 
 ORAZIO e detta
 
 Orazio
 Fate la caretate
 a chisso poverommo
290ch’è tutto sgangherato,
 nelle gambe e le braccia stropeato.
 Datemi no carlino
 che canteraggio na canzona bella
 napoletana sopra na citella.
 
295   Bella figliama se bolete
 ve daraggio lo mio core,
 songo tutto, già lo sapete,
 arso strutto pe vostro amore.
 Lo mio core solo desia
300che voi siate consorte mia.
 
 Anemo, via segnori,
 na lemosena fate. (Oh che bel volto!
 da una cieca gentil lo storpio è colto).
 Cecchina
 Alla povera orbina
305chi fa la caritae?
 Orazio
                                 (In questo stato
 costei rassembra il cieco dio bendato).
 Cecchina
 (Questo stroppio mi viene
 a dimezzar la preda).
 Orazio
 Bella figliuola mia, dime no poco,
310sei de chisso paese?
 Cecchina
 Veneziana, siorsì.
 Orazio
                                   (Come è cortese!)
 Sei zita o maretata?
 Cecchina
 So una povera putta.
 Orazio
 Perché no te marite?
 Cecchina
315Perché per mia desgrazia no ghe vedo.
 Orazio
 Se be’ che no ce vide,
 se te vuoi maretà te piglieraggio.
 Cecchina
 Ma vu no seu strupià?
 Orazio
                                           Siente, fegliola,
 no secreto t’affido ma sta’ zitta.
320Io non songo stroppeato
 ma chissa è na fenzione
 pe ingannà le persone.
 Se no lo cride, aspetta, in un momento
 io ietto le stampelle e san deviento.
 Cecchina
325Oh cossa sentio mai!
 Orazio
 E per narrarti il tutto,
 non son napoletano
 ma son figliuol d’un galantuom romano.
 Cecchina
 Vu sé donca una birba?
 Orazio
                                              In questo modo
330cento scudi avanzati ho nel taschino;
 se voi vi contentate,
 sarò vostro marito.
 Ah se voi me vedeste,
 so certo che di me vi invogliereste.
 Cecchina
335Per dirvela, signore,
 io già cieca non sono
 ma fingo come voi.
 Orazio
                                      Ciel, ti ringrazio!
 Mi vedete voi dunque?
 Cecchina
 Io vi vedo benissimo.
 Orazio
340Volete esser mia sposa?
 Cecchina
                                              Io son contenta.
 Ma...
 Orazio
             Ma? Che ma?
 Cecchina
                                         Quel volto
 sì sporco e quel vestito da birbante...
 Orazio
 Eh mi vederete poi bello e galante.
 Cecchina
 Io non voglio più far vita sì trista,
345di già che ho la mia vista
 e voi stroppio non siete,
 qualche miglior mestier vuo’ che facciamo
 e che il mondo godiamo.
 Anch’io tengo una borsa di denari.
350L’impiegheremo assieme;
 voglio che ci vestiam da cortigiani.
 Orazio
 E poi dopo faremo i ciarlatani.
 
 SCENA III
 
 LINDORA e detti
 
 Lindora
 
    Chi ha drappi vecchi,
 chi ha veste vecchie,
355chi ha coridoro
 vecchi da vender?
 
 Orazio
 È questi un strazzaruolo,
 uno che compra e vende li vestiti.
 Comperarne vorrei, s’egli l’avesse,
360un per voi, un per me.
 Cecchina
                                            Giove il volesse!
 Lindora
 
    Chi ha capei vecchi,
 chi ha rami vecchi
 da vender?
 
 Orazio
 Caro amico...
 Lindora
                           Andé in pase
365che mi no gh’ho monea.
 Orazio
 Io già la carità non vi chiedea.
 Ditemi, avreste niente
 che m’andasse alla vita?
 Lindora
 Son strazzariol ma mi non vendo strazze.
 Orazio
370Ed io straccie non compro.
 Un abito vogl’io da cavaliero.
 Cecchina
 Ed io da gentildonna uno ne voglio.
 Lindora
 Varé che musi! Dove gaveu bezzi?
 Orazio
 Questi qui sono scudi.
 Cecchina
375E questi son zecchini.
 Lindora
 Quando la xe cussì, gh’avé rason.
 Ve mostro un per de cai ma su la giusta.
 Vardé sto abito intiero,
 el xe niovo de pezza,
380fatto all’ultima moda
 e su la vostra vita el par tagiao,
 si lo volé, vel dago a bon mercao.
 Orazio
 Questo saria a proposito.
 Quanto costa? Non dite uno sproposito.
 Lindora
385Appian, che voi che femo un sol contratto.
 Sto andrien per sta patrona
 saria giusto una mana
 e la lo pol portar senza sottana.
 Cecchina
 E questo quanto val?
 Lindora
                                         Poche parole
390voi che femo tra nu;
 cento ducati in tutto.
 Cecchina, Orazio
                                         Uh uh uh!
 Lindora
 Via, no ve fé paura,
 me remetto alle cosse del dover.
 Orazio
 Vi do cinquanta scudi.
 Lindora
                                            In ogni forma
395voi che resté contento;
 tiolé la roba e deme i bezzi.
 Orazio
                                                    In questa
 borsa sono, contate.
 Lindora
                                       Int’una occhiada
 ve so dir se i xe giusti.
 Orazio
 Andiamo all’osteria
400dove alcun’altra bagatella io tengo
 adattata al bisogno. Indi alla piazza
 andremo immantinente
 e faremo stupir tutta la gente.
 Cecchina
 Andiamo, che ancor io
405mi voglio porre in buona positura
 e in piazza voglio far la mia figura. (Partono)
 
 SCENA IV
 
 LINDORA sola
 
 Lindora
 Chi l’averave dito
 che do pitochi avesse tanti bezzi?
 Cussì anca mi cantando canzonette
410ho fatto quatro soldi;
 e me son messa a far sto bon mistier,
 con el qual delle volte in un momento
 se ghe pol vadagnar cento per cento.
 Però sto capital tutto no è mio,
415che no gh’ho tanto al mondo,
 e sti abiti stessi,
 che in sto ponto ho vendui,
 in credenza i ho abui
 come saver se puol
420da quel mio sior compare strazzariol.
 Da omo m’ho vestio,
 perché se mio mario
 me cognoscesse gh’averia paura
 che despogiada resteria a dretura.
425Benché quando ghe penso
 me vien da pianzer. Povero mario,
 el sarà andà de mal;
 el sarà in sepoltura o all’ospeal.
 Questo è el solito fin de chi vol far,
430come che sol dir, d’ogn’erba un fasso,
 perché chi no mesura
 el voler col poder poco la dura.
 
    Quanti quanti paregini,
 tutti gala e tutti mina,
435dopo aver fenio i zecchini,
 a magnar la polentina
 xe redotti ai nostri dì!
 
    Se sguazza, se gode,
 se osserva le mode
440e zo a tombolon
 co no se pol pì.
 
 Ma cossa vedio mai?
 L’abito che ho venduo lo vedo adosso
 de Orazio mio mario.
445Lu è quel che l’ha comprà, lu xe el pitocco
 e Cecchina sarà forsi culia.
 Me voggio retirar
 e in desparte ascoltar voi quel che i dise.
 Orazio xe alla fin le mie raise.
 
 SCENA V
 
 ORAZIO, CECCHINA e detta ritirata
 
 Orazio
450Cara Cecchina mia, giacché la sorte
 ci fa trovare assieme,
 stiamoci in buona pace.
 Cecchina
 Signor fratello mio, quel che vi piace.
 Di venire con voi non mi ritiro
455e vi starò lieta e contenta ognora,
 purché assieme con voi non sia Lindora.
 Lindora
 (Sentì che petulante!)
 Orazio
                                           Eh non temete;
 alla moglie scacciata io più non penso.
 Vadi pur a cantar le canzonette.
 Lindora
460(Che razze maledette!)
 Orazio
 Ce la farem tra noi, cara sorella.
 Lindora
 (Adess’adesso ghe la voi far bella).
 Orazio
 Orsù montiamo in banco;
 voi col cantar il popolo attraete;
465ed io, come sapete,
 venderò quel vital contraveleno
 ch’io già composi di farina gialla,
 miele, vitriolo e galla,
 ch’è quel composto che si vende a maca
470dai ciarlatani in nome di teriaca.
 Cecchina
 Quanto rider io voglio!
 Orazio
                                            Andiamo al banco;
 se capitasse un qualche fazzoletto
 che fosse buono assai
 mettetelo in saccocia
475e a chi ve lo cercasse poi direte
 ch’egli si è perso e d’altro non sapete.
 Su via, signora Olimpia, a sti signori
 diamo divertimento.
 Oggi non parlo di medicamento.
 Cecchina
 
480   Che bella vita è quella dei birbanti,
 si gode il mondo a spalle dei baggiani,
 si mangia e beve senza aver contanti
 ed oggi non si pensa per dimani. (Canta)
 
 Orazio
 Adess’adesso canteremo il resto.
485Signori, in questo giorno
 d’interesse non parlo.
 Questo è l’arcano mio; chi vuol comprarlo?
 Costa un ducato al vaso
 ma, viva lor signori,
490più resister non posso,
 vi do per dieci soldi il vaso grosso.
 A che serve? A che vale?
 Eccovi la ricetta.
 Vivifica, putrifica,
495fa buona pelle, scalda, scaccia e sana
 ferite, maccature,
 botte, percosse, calci di cavallo.
 È buon per tutti i mali
 e con celerità guarisse i cali.
500Quelli che son vicin lunghin la mano,
 chi è da lontan mi getti il fazzoletto,
 signori, io vi prometto
 che sarete contenti.
 Oltre l’altre virtudi io cavo i denti
505a suon di campanello,
 meglio che non faceva il padoanello.
 Lindora
 Siori, non ghe credé, ch’el xe un furbazzo,
 credeme a mi, son vostro patrioto,
 mi son a tutti noto,
510gh’ho posto in piazza e gh’ho bottega vecchia
 e cavo denti meggio de Scarnecchia.
 Da tutti i forestieri
 che el mio valor contrasta
 me defendo col nome e tanto basta.
 
515   El mio balsamo è perfetto,
 el fa sempre bon effetto.
 
    Totorotò, tirititì,
 Purrichinella che dixe de sì.
 
 Orazio
 E chi è quel temerario
520che ardisce tanto?
 Lindora
                                    Tasi, che debotto
 sbianchisso i petoloni.
 Cecchina
                                           Che arrogante!
 Sfidatelo a pigliar qualche veleno.
 Orazio
 Briccone, ad un mio pari
 si parla in tal maniera?
525Ho il privilegio del gran can de’ Tartari
 e il mio saper profondo
 già mi rese famoso a tutto il mondo.
 Lindora
 Di’ pur quel che ti vuol, mi te cognosso.
 Siori, saveu chi l’è? L’è un tal Orazio
530che xe vegnuo da Roma.
 Dopo aver consumada ogni sostanza,
 dopo aver maltrattada so muggier,
 con culia, ch’è Cecchina so sorella,
 va caminando el mondo
535e facendo el mestier del vagabondo.
 Cecchina
 (Oimè siamo scoperti).
 Orazio
 È un mendace costui, nissun gli creda.
 Lindora
 Acciò che tutti veda
 che quel che digo xe la verità,
540mi son Lindora; mi son to muggier.
 Orazio, Cecchina
 Come! Che sento mai!
 Lindora
 Mi son quella, furbazzo,
 che t’ha vendù quei abiti
 co ti finzevi d’esser un pitocco
545e quella scagazzera...
 Cecchina
 A me questo? Guidona,
 aspettami che vengo.
 Lindora
 Vien pur, che za t’aspetto.
 Te vo’ maccar el muso.
 Orazio
550Presto, presto fermate.
 Cecchina
 Eccomi.
 Lindora
                  Vien avanti.
 Orazio
 Vi fate svergognar dagli ascoltanti.
 Lindora
 
    Questo qua xe mio mario.
 
 Cecchina
 
 Egli è ancora fratel mio.
 
 Orazio
 
555Tutte due ragione avete,
 che volete?
 
 Lindora
 
 Che ti vegni a star con mi.
 
 Cecchina
 
 Che tu resti voglio qui.
 
 Orazio, Lindora, Cecchina a tre
 
 La volete
 La volemio mai finir?
 La vogliamo
 
 Orazio
 
560   Meglio è dunque, donne care,
 che torniamo in compagnia.
 
 Lindora, Cecchina a due
 
 Con culia no voggio
                                     star.
 Con colei non voglio
 
 Orazio
 
 Dunque addio, lasciatemi andar.
 
 Lindora
 
    Oe fermeve.
 
 Cecchina
 
                             Non partite.
 
 Lindora
 
565Senza vu non voggio star.
 
 Cecchina
 
 Senza voi non voglio star.
 
 Orazio
 
    O aggiustatela fra voi
 o vi lascio tutte due.
 
 Lindora
 
 Mi voi esser la patrona.
 
 Cecchina
 
570Ed io pur voglio esser tal.
 
 Orazio
 
    Faremo così,
 un giorno per una.
 Vi basta?
 
 Lindora, Cecchina
 
                     Sì sì.
 
 Orazio
 
    Cara consorte.
 
 Lindora
 
575Marito bello.
 
 Cecchina
 
 Dolce fratello.
 
 a due
 
    Mi sento tornare
 la pace nel sen.
 
 Orazio
 
 Andiamo.
 
 Cecchina
 
                      Vi sieguo.
 
 Lindora
 
580Son vostra muggier.
 
 tutti
 
    Così il mondo caminando
 diremo cantando
 che la birba è un bel mistier.
 
 Fine dell’intermezzo